Un monologo di Domenico Loddo
Con Stefano Cutrupi
Regia Roberto Bonaventura
Aiuto regia Marcantonio Pinizzotto
Produzione Teatro dei 3 Mestieri
Indicibile nota
Di A Da In Con Su Per Tra Fra.
La vita non è una preposizione semplice. Piuttosto, è una preposizione decisamente articolata, financo disarticolata, che da una pre-posizione eretta ci conduce ad una post-posizione coricata, e finisce il teatro, si spengono le luci, si chiude il sipario. In mezzo, l’abuso sulla nostra impotenza.
Il sangue ci lega, il coito ci tramanda, la terra ci accoglie. E il mondo continua a compiersi senza la nostra presenza.
Quindi, cosa vuole ancora il protagonista del nostro monologo da questa terribile meraviglia che è la vita?
Ci parla da un lontano luogo della sua memoria. Anzi, non parla a noi, ma registra un messaggio per il suo grande amore, durato una eternità di soli tre anni, e mai più dimenticato.
Di lei gli è rimasta soltanto una audiocassetta, con dentro canzoni, voci e rumori dei loro anni insieme, ultima testimonianza di ciò che era stato il loro meraviglioso amore.
Cosa si ostina a cercare, il nostro uomo in frack?
Una vendetta!
Implacabile, feroce, definitiva, affinchè lo salvi finalmente da tutto quel suo immenso dolore.
Paride Acacia voce e letture
Massimo Pino chitarra acustica\ elettrica e voce
Davide La Fauci voce e percussioni
Simona Vita piano e tastiere
Produzione Ass. Cult. Efremrock
Un viaggio psichedelico, tra musica, poesia e letteratura: dai poeti americani della beat generation, ai ritmi della west coast, dagli Eagles a Ginseberg, dagli Zeppelin a Ezra Pound, passando da Steve Wonder su fino a Shakespeare. Il racconto di ciò che fu il rock, tra messaggi subliminali, dischi suonati al contrario, contro cultura acida della California in odore di Satanismo ed eccessi allucinogeni.
Un trio semi elettrificato dedito al mescolamento di musica, letteratura, teatro e poesia.
[/toggle] [toggle title=”16 – 17 Dicembre LETIZIA FOREVER” open=”no”]testo e regia di Rosario Palazzolo
con Salvatore Nocera
e con le voci di
Giada Biondo, Floriana Cane, Chiara Italiano, Rosario Palazzolo, Chiara Pulizzotto, Giorgio Salamone
una coproduzione
Teatrino Controverso/T22/Acti Teatri Indipendenti
Spettacolo vincitore della Biennale Marte Live 2014
Premio Festival Teatri di Vetro 2014
Selezione Torino Fringe Festival 2015
Letizia forever è una donna sgrammaticata, esilarante, poetica, semplice e complicatissima, dal linguaggio dirompente, assolutamente personale, intriso di neologismi, solecismi, e non sense semiotici che diventano caricaturali non appena prendono di mira l’instabile certezza dei luoghi comuni. È una donna che racconta la propria esistenza, un’esistenza fatta di soprusi, di ignoranza, di rocambolesche peregrinazioni emotive. Ed è anche una musica, Letizia forever, quella dei “fabulosi anni ’80”; una musica che entra in collisione con la storia, o la sollecita, o la sorprende.
Ma Letizia forever è soprattutto una distonia della personalità, un accanimento sociale, un rebus irrisolto, e irrisolvibile.
Di e con Carlo Gallo
Con la collaborazione artistica di Peppino Mazzotta
Produzione Teatro della Maruca
Spettacolo selezionato al FESTIVAL PRIMAVERA DEI TEATRI 2015
Sulle coste desolate del Mar Jonio, immersi nel silenzio tra i colori della macchia Mediterranea, è divenuto sempre più raro assistere a quel miracolo che avveniva tra i pescatori e il mare, un fenomeno che veniva indicato col il termine “Bollari”.
Una parola antica tradotta nel suono gutturale dei pescatori per annunciare l’avvistamento dei tonni a largo delle coste, un urlo di gioia a cui seguivano lanci e fragori di bombe in mare, una pratica illegale diffusa tra i pescatori dello Jonio al fine di ricavare più pesce possibile in poco tempo e sopperire ai lamenti dello stomaco. Lo spettacolo narra la contesa di mare tra due anziani pescatori e le vicissitudini di quella che fu la “Cecella”, il miglior peschereccio dello Jonio, negli anni del fascismo fino alle porte della seconda guerra mondiale. Tratto da racconti orali di anziani calabresi, “Bollari ” è una storia di mare che si chiude sopra il deserto dei valori di un mondo travolto dal regime e dalla guerra.
La recitazione è scandita dalla respirazione e dalla gestualità ricercata, dalla musicalità di una lingua, arcaica, poetica e comprensibile a tutti di fronte alla quale è impossibile non farsi travolgere e affascinare. Come sottofondo il rumore languido della spuma del mare, quel mare di gioie e di dolori, su cui si riversano la fame e la miseria del tempo. Quel mare su cui i personaggi rinnovano il proprio spirito e battono i remi – forse – alla conquista della propria libertà. Una narrazione misteriosa e suggestiva come fiabe d’altri tempi, in una lingua che inventa se stessa nel dipanarsi degli eventi, dove tutto si traduce in parola.
Bollari è un suono della Calabria, è un grido d’amore.
[/toggle] [toggle title=”9 – 10 – 11 Febbraio 1 – 2 p.m.” open=”no”]Testo e regia di Tino Caspanello
Con Tino Calabrò e Stefano Cutrupi
Produzione Teatro dei 3 mestieri-Teatro Pubblico Incanto
Pausa pranzo, dall’una alle due post peridiem, il tempo di consumare un breve pasto, un panino, il solito forse, prima di tornare nel grande circo della produzione; ma la pausa diventa un incidente, si trasforma in un tempo dell’osservazione di una fila di formiche, che, ordinatamente e accuratamente, raccolgono e accumulano, incuranti di chi li osserva, incuranti dei moti dell’animo che all’improvviso si accavallano e cominciano a scavare nel senso delle cose, del lavoro, del tempo, della vita. 1 – 2 p. m. diventa così una metafora, un tentavo di guardarsi allo specchio e riconoscersi, purtroppo, in quello in cui un sistema ci ha trasformati; nascono domande, riflessioni, accenni lirici per alleggerire il carico che non abbiamo scelto noi, e nasce il dubbio: e se tutto fosse differente?
[/toggle] [toggle title=”17 – 18 Marzo ME NE VADO” open=”no”] Di e con Marcela SerliMe ne vado è un piccolo dolore. Parla delle paure che ho. Parla dell’odio che provo e che credo
proviamo.
Parla del desiderio di andarsene, anche da se stessi.
Me ne vado è un viaggio crudele ma ironico intorno al mondo. Intorno alle storie del mondo.
Quelle storie che hanno fatto sì che gli uomini partano, se ne vadano. Se ne vadano alla ricerca di un
luogo felice. O almeno vivibile.
Nel ’99 sono stata in Albania, l’Albania si mostrò eccessivamente forte davanti ai miei occhi, per non
vederla. Mi sorprese quel “paesaggio umano” così somigliante a quello della mia città, Tucumàn, in
Argentina, così somigliante a Trieste, in quell’Istria che lasciò mio padre, alla Beirut che lasciò mio
nonno quando se ne andò alla volta di Tucumàn.
Chiamo “paesaggio umano ” quel paesaggio urbano, misto tra gente e luogo, misto tra abitanti di un
luogo e il luogo stesso. Questi uomini e la loro terra non possono essere separati, perché questa terra
ha fatto diventare così questi uomini, e questi uomini hanno fatto di questa terra quello che è.
Sono legati loro malgrado per sempre. Anche quando se ne vanno.
Così è stato per mio nonno.
Così è stato per mio padre.
Così per me.
Le ragioni. Quando le ragioni diventano troppo urgenti, quando le ragioni si fanno così numerose da
accavallarsi, da mescolarsi fra di loro, fino a diventare solo una melma illogica di ragioni. A quel punto
non c’è famiglia, non c’è amore, non c’è patria che tenga. Il tuo partire diventa urgente, come una
bomba, come una guerra, diventa cieco. E le ragioni se ne vanno a puttane. Perché a quel punto
l’urgenza è diventata tutto.
Ecco, ho deciso di scrivere un testo che raccontasse, non in forma di narrazione, ma in forma di
situazioni-poetiche, l’andarsene.
Ho deciso di scegliere anche un punto di vista: il mio. E presumere dunque, che il mio arbitrario punto
di vista, possa essere sufficiente, per raccontarvi questa storia.
Me ne vado è uno sfogo. È lo sfogo di quattro generazioni di emigranti.
Lo spettacolo costruisce momenti di forte interazione con il pubblico, creando spazi di spaesamento
profondo che riguardano sia le tematiche che lo attraversano sia l’idea di allestimento in sé.
Annunciando all’inizio provocatoriamente che non ci sono né scenografia, né costumi, né tecnico
(infatti sono io a dare luci e musiche dal palcoscenico), né attori, metto in evidenza la precarietà della
ricerca di questo luogo – non luogo, dove vivere e da dove andarsene.
Marcela Serli
Con Noemi Fiorentino, Sarah Lanza e Brunella Macchiarella
Coreografie Brunella Macchiarella
Regia Giuseppe Crupi
Produzione Compagna Arti Visive
Liberamente ispirato al libro di Elvira Seminara ‘ Atlante degli abiti smessi’, lo spettacolo mette in scena una realtà immaginaria nella quale l’abito diviene metafora della nostra esistenza. Abiti come ‘aggregati di vita ‘ in grado di esprimere stati d’animo e vicende interiori; frammenti esistenziali, gettati, abbandonati, trovati, recuperati e rivissuti; abiti… custodi di antichi segreti, rivelati o nascosti… Abiti che , con inganno ottico, esprimono la loro potenza trasformatrice.
[/toggle] [toggle title=”5 – 6 Maggio ‘NTA LL’ARIA” open=”no”]Testo e regia di Tino Caspanello
con Cinzia Muscolino, Tino Calabrò, Alessio Bonaffini
Produzione Teatro Pubblico Incanto
Due operai, un balcone da dipingere, parole senza peso per fare scorrere il tempo. E potrebbe essere l’eternità, così, per sempre, con la sua logica, le sue certezze, la sete, la fame e la solitudine. Potrebbe essere così, per sempre, se non arrivasse qualcuno che è fuori dal disegno, fuori dalla perfezione, qualcuno che non sa dove andare, perché trovare un posto, nel cuore, è ormai quasi impossibile; qualcuno che però ha molto da offrire, tra un caffè e l’altro, tra un bicchiere di vino e un sogno rubato all’immaginazione; qualcuno che ancora guarda il mondo e lo ascolta, oltre i suoi rumori, oltre il suono delle sue parole, per scoprirne i segreti che viaggiano sotto la sua pelle.
‘Nta ll’aria, come tanti altri spettacoli del Teatro Pubblico Incanto, vuole raccontare, semplicemente, mettendo la lente di ingrandimento su fugaci percezioni quotidiane e ingrandendole fino a trasfigurarle in storie in cui si riflette tutto il macrocosmo, perché la vicenda dei due imbianchini, intersecata a quella della donna che irrompe all’improvviso nella loro routine, è una riflessione sui condizionamenti che, troppo spesso, ci impediscono di accettare l’altro, il diverso da noi, solo perché la sua diversità rappresenta una minaccia alla nostra presunta normalità. Non ci si rende conto che ogni essere umano possiede una ricchezza di emozioni, un bagaglio di verità, che appartengono a tutti noi, che ci arricchirebbero se solo cominciassimo a rispettarne l’origine, la causa e la differenza. Viviamo ormai troppo spesso legati a pregiudizi che ci impediscono di vedere oltre il nostro io, pericolosamente attaccati a modi di pensare che si raggrumano, nel tempo, formando attorno al nostro sentire una crosta che non lascia più battere il nostro cuore seguendo il ritmo che gli è naturale. Per fortuna, di tanto in tanto, sulla strada si incontra ancora qualche santo, una folle, o un poeta, che riescono a ricondurci nei luoghi in cui la vita si addensa secondo le regole del caos più ordinato.
La lingua del testo è il dialetto della parte messinese della Sicilia, semplice, scarnificato, ridotto a volte a puro suono e la scrittura, ispirata al parlare quotidiano, senza alcuna intercessione stilistica, evita di scendere in profondità, per lasciare al pubblico spazi per interventi personali, luoghi di vuoto da colmare con la propria partecipazione.
Diretto e interpretato da Cecilia D’Amico
Il “Vaga show ” è uno spettacolo tra il cabaret, l’avanspettacolo e il teatro che mette insieme i personaggi e gli sketch interpretati da Cecilia D’Amico nel corso di serate di cabaret e varietà teatrale e che sono ideati e scritti da lei stessa e dall’autrice Chiara Cucci. Fil rouge dello spettacolo è il Boss, una psicoterapeuta in carriera, durante lo svolgimento di una conferenza sulle relazioni: “relazioni umane personali e impersonali, di genere x, y o altro, nazionali e internazionali, reali o virtuali, animali, vegetali e minerali. Insomma relazioni “. Per dimostrare meglio le sue teorie il Boss si avvale, nel corso della conferenza, degli interventi di alcuni dei suoi più veterani pazienti: Margherita Sindrome, una ragazza affetta da chattofobia compulsiva e disturbi ossessivi, Filippo dell’associazione di volontariato “Abbracciamo il mondo ” di Desenzano del Garda nonché grande viaggiatore e Ilaria, la brava ragazza per definizione, alle prese con problemi di cuore. Personaggi VagaShow: Il Boss Una psicoterapeuta in carriera che vende fumo e pillole di banalità, caricatura di tutti gli stereotipi e i luoghi comuni di cui si servono le donne per parlare degli uomini. Margherita Sindrome Una ragazza ipocondriaca che non ha desiderio di avere relazioni con gli altri esseri umani ed ha un distacco emotivo rispetto alle persone e alla realtà che la circondano. Grazie ai social network Margherita cerca di sopperire a questo suo disturbo e diviene il simbolo dell’attaccamento perverso alla tecnologia come unica possibilità di relazione con l’altro. Filippo Anche lui, come Margherita, è vittima dello stesso contesto sociale caotico e vorticoso, ma reagisce in modo opposto, ovvero in una eccessiva e forzata apertura verso ogni tipo di rapporto che finisce per diventare sempre morboso o poco sicuro. Ilaria Una brava ragazza, comune a molte giovani donne di oggi, che ha per fidanzato uno stalker da cui non si riesce a liberare.
[/toggle] [/accordian]ORARIO SPETTACOLI : Venerdì e Sabato ore 21.00 . Domenica ore 19.00
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